di Salvo Barbagallo
L’argomento “Libia” non rientra da tempo negli schemi delle prime pagine (o pagine interne o in quelle di secondo e terzo piano) dei mass media, tranne come è accaduto alcuni giorni addietro, per il riporto della segnalazione fatta da una nave ONG che ha rischiato di essere mitragliata in acque internazionali da una motovedetta di quel Paese mentre raccoglieva migranti in mare. La motovedetta, fra l’altro, era un “dono” dell’Italia alla Libia e i marinai addestrati dagli “esperti” nostrani mandati in missione speciale per aiutare l’attuale Governo di Tripoli presieduto da Fayez al Sarraj, Governo di cosiddetta unità nazionale riconosciuto dall’Onu ma non dal generale Khalifa Belqasin Haftar che presiede un altro Governo a Bengasi.
Cosa sta accadendo realmente in Libia? A quanto pare –ma non sappiamo se corrisponde al vero, oppure no- il flusso dei migranti dalla Libia alla Sicilia si è affievolito. Questo, però, accadeva “prima” della campagna elettorale per il rinnovo del Parlamento Italiano, e durante tutto lo stesso periodo sino al giorno delle votazioni del 4 marzo. Si ricorderà, infatti, che all’indomani del voto i barconi dei migranti ripresero la rotta verso la nostra Isola, e si registrarono, purtroppo, anche una ventina di vittime finite in fondo alle acque del Mediterraneo, ripescate e portate ad Augusta. Altre centinaia di disperati sono stati salvati nei giorni scorsi, per essere “depositati” sulle banchine dei porti Siciliani. Altra cosa, ovviamente, gli “sbarchi fantasma” nell’Agrigentino, che si susseguono con meticolosa puntualità.
Cosa sta accadendo in Libia? Chi lo può dire con certezza?
Cosa sta accadendo, in verità, nella Libia del “dopo” Gheddafi rimane un rebus. Rimane un puzzle ingarbugliato lo scenario di questo territorio a poca distanza dalla Sicilia e, di certo, non lontano dall’Italia: è come se mancassero dei pezzi, di questo puzzle, e pertanto ricostruirlo nella sua completezza diventa impresa difficile perché, in un modo o in un altro, rimangono profondi e imperscrutabili “buchi neri”. Sicuramente il controllo delle tribù, il controllo dell’intera collettività libica, non può essere paragonato a quello che si presentava ai tempi del “dittatore”, tanto temuto e tanto adulato solo in quanto “possessore” dei tesori naturali del sottosuolo della sua terra. Noi conoscevamo direttamente cosa rappresentasse la Libia negli Anni Settanta, a dieci anni dalla presa del potere del giovane colonnello. Scrivemmo, più o meno entusiasti, di questo Paese che si definiva “Repubblica Socialista” in un libretto intitolato “I dieci anni di Gheddafi” (gennaio 1980). I rapporti con l’Italia erano ottimi, il padre di Massimo D’Alema, Giuseppe, parlamentare del PCI per ben cinque legislature, era di casa a Tripoli, così come lo erano molti deputati democristiani e del PSI (primo fra i tanti il Lombardiano Michele Achilli). I rapporti tra Libia e Sicilia erano più che ottimi, e si ipotizzarono in quel periodo anche società miste siculo-libiche, soprattutto nell’ambito della Pesca. Poi per Gheddafi incominciò a nuocere l’etichetta di fiancheggiatore del terrorismo internazionale e, dopo e nonostante (se non soprattutto) i molteplici rapporti economici con svariati Paesi europei, la sua tragica fine dove l’Italia ha avuto la sua parte.
Oggi cosa sta accadendo in Libia? Beh, sino a ieri c’era il ministro Minniti “garante” di Fayez al Sarraj e del suo Governo voluto (o imposto?) dall’ONU. Minniti è sicuramente fuori gioco nel Governo che gli eletti del 4 marzo scorso dovranno arduamente comporre. Allora? Allora all’interrogativo “Cosa sta accadendo in Libia?” non è possibile dare una risposta. Dunque Libia equivale ad una “incognita” che già pesa, ma peserà maggiormente sull’Italia e gli Italiani, sulla Sicilia e sui Siciliani se non si mette a fuoco l’attuale situazione politico-economica-militare di questo Paese. Movimento 5 Stelle, Lega e Salvini, Destra e Berlusconi, per l’Italia, il Governatore della Sicilia e le sue Destre, Nello Musumeci di certo non in coda, prima o poi dovranno inserire nella loro agenda il “problema Libia”. E ciò non solo per la questione “migranti”, principalmente perché non è possibile (né salutare) continuare ad ignorare l’area “destabilizzata” che si trova a poche centinaia di chilometri dalla Sicilia e dal “Continente”.